giovedì 2 gennaio 2014

L'uso delle piante nella tradizione popolare sarda "a Nadale“

Usi e costumi del mondo agro-pastorale erano legati al ciclo calendariale da cui poi scaturivano i riti popolari. Lo scorrere del tempo e l’avvicendarsi delle stagioni, quando il pastore e il contadino erano legati alla terra da un patto di sopravvivenza, scandiva lo scorrere dei mesi, ognuno chiamato in modo distintivo e ognuno di questi talvolta temuto talvolta atteso. Intanto l’anno nuovo in passato iniziava in settembre, Capudanni, e cioè quando i campi avevano dato i loro frutti e si era in procinto di affrontare i lavori della successiva annata. Quindi la percezione del tempo e delle stagioni una volta era molto diversa da quella odierna e il contadino e il pastore in modo particolare deteneva un sapere collettivo, tramandato per generazioni un complesso di competenze scientifiche sulla botanica, pedologia, meteorologia, fisiologia umana e animale, veterinaria nonché un particolare allenamento del corpo e della mente a far campare e produrre il proprio gregge in ambienti talvolta molto ostili oltre a una grande capacità di previsione e di programmazione. La consuetudine dell’uso delle piante a scopi rituali (purificazione) è antica quanto l’uomo e nel passato le stagioni venivano scandite da periodi di celebrazioni tipiche del culto agrario e del mondo agro-pastorale. La memoria riporta a oggi che tali periodi sono stati ripresi nelle quattro Tempora pervenute a noi negli scritti di San Filastrio, vescovo di Brescia (387 d. C.). Si trattava di quattro distinti periodi destinati a invocare e ringraziare la provvidenza divina per i frutti della terra e per il lavoro dell'uomo, da qui si ricordano diverse feste paesane legate al culto agrario: Pare che tutti gli antichi riti agrari di protezione (propiziatori) prevedevano l’uso di maschere e rappresentazioni che in tempi più recenti vennero spostate al periodo del carnevale pur appartenendo alle celebrazioni dell’anno agrario che culminavano a settembre (apudanni/capidanni ). La tradizione delle «Quattro Tempora», originariamente legata alla santificazione del tempo nelle quattro stagioni, rappresentano una tradizione antica per celebrare le stagioni e il ciclo della natura, per mezzo di riti di protezione e purificazione finalizzati alla consacrazione delle stagioni al bene. In questo tempo si praticava un “digiuno depurativo” durante il quale si assumevano piante spontanee a uso alimentare che aiutavano a depurare il corpo e lo spirito, tutte officinali. Quattro serie di tre giorni: mercoledì, venerdì e sabato di una stessa settimana. In inverno chiamato Luciae, il rito era considerato necessario per preparare la terra ad accogliere la vita, purificando spirito e corpo. Quest’anno (2013) ricorrono il 18,20,21 Dicembre mentre nel 2014 ricorreranno il 17, 18, 20 Dicembre. Il solstizio d’inverno era un punto limite nel ciclo calendariale, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno 21 dicembre. La natura è sospesa, nell'attesa di una trasformazione, e il tempo è quasi immobile. Era, allora come oggi, uno dei momenti di passaggio dell'anno tra i più temuti: l'oscuritá cede il passo alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sull’inverno. Pasca e Nadale che in lingua Sarda significa passaggio e nascita affonda le sue radici proprio in queste osservazioni, in riferimento di un passaggio dal vecchio al nuovo, dalla morte alla vita e il popolo Sardo dedicò a questi eventi offerte e riti. I nomi nel calendario popolare sardo più diffusi per Dicembre sono:Mes”e Idas (richiama la denominazione latina delle Idi) e Nadali, Nadabi, Nadale (la festa del Natale e deriva dalle dies natalis latine). In Campidano è presenta anche la forma Mes”e Paschixedda e Paschixedda. Il Natale è un momento particolare e meraviglioso tutt’oggi in Sardegna, si respira un’aria che nonostante il freddo rimane carica di profumi della terra aromi e spezie trovano impiego nella preparazione dei piatti tipici della festa e dei riti che coinvolgono intere comunità. Molte tradizioni e riti di Nadale sono andate perse, oggi più che mai sentiamo la necessità di riscoprire sensorialmente questi profumi e aromi d’un tempo. Non è facile indagare questo aspetto dell’Etnobotanica sarda, tuttavia siamo riuscite a individuarne diverse, ecco che Alloro, Corbezzolo, Ginepro, Pungitopo, Mirto, Rosmarino, Frutta (Castagne, Melograno, Melo e Pero Cotogno, Arancio, Limone, Mandarino e Pompìa), Frutta secca (Fichi, Noci, Nocciole e Mandorle)…. Assumono importanza, simbolica, rituale, terapica e alimentare…. (COPYRIGHT SU FRORE DE SU PASTORE)