mercoledì 23 luglio 2014

Cura dalle punture Latrodectus tredecimguttatus Rossi, 1790 (sa varza)

Nelle comunità sarde di un tempo venivano tracciate delle differenze a seconda delle competenze e capacità dimostrate. Le Donne di preghiera (orassionarjas/oraziònarjas) Queste donne utilizzavano in alcuni rituali di cura la musicoterapia e la danza sempre accompagnate da preghiere cantate e ballate. Per avere un’idea di tali riti, per esempio si adoperavano in un rituale terapeutico contro le febbri perniciose (su ventu orbinu) .... Tra i tanti rituali molto importante era quello relativo a sa varza l’argia, arza, o arja (Latrodectus tredecimguttatus Rossi, 1790) nel resto dell’Italia conosciuto sotto altri nomi: malmignatta, ragno volterrano, bottone, falance, vedova nera. Diversi sono stati gli avvistamenti in Sardegna in tempi più o meno recenti (nel 1996 un giardino a Cagliari ospitava un nido con una decina di esemplari). Alcuni ricercatori dell’Università di Cagliari assieme alla guardia Forestale della stazione di Marrubiu nel 2006 hanno ritrovato decine di esemplari nell’area di Santa Giusta e nell’Isola di mal di ventre. Ragno velenosissimo, temuto dai contadini allora come oggi, paragonata a una maledizione a causa degli effetti provocati dal suo potente veleno. Anticamente veniva curato con il rito "su ballu de sa varza" molto ridicolizzato e mescolato a leggende e storie di ogni sorta, tanto da ricordarlo oggi, erroneamente, come mito! In realtà la puntura di questo ragno era un problema reale fino almeno a una cinquantina di anni fa. Tale rito includeva anche la somministrazione di rimedi a base di erbe per curare i sintomi causati dal veleno: febbre alta, crampi allo stomaco e confusione mentale. In alcuni paesi tre donne si disponevano attorno al malato a formare un cerchio, sempre una giovanissima nubile, una sposata e una vedova, e muovendo i loro setacci con del grano dentro arrangiavano un accompagnamento musicale alle oraziones intonate secondo vibrazioni ben precise passando da un sussurro quasi incomprensibile al ballo attorno al malcapitato in cerchio sempre più animato. In altre zone si allestiva un fuoco davanti alla chiesa fatto con tralci di vite posti a formare delle croci che veniva continuamente alimentato dal malato, mentre attorno a questo fuoco eseguono il consueto rituale le orazionarias... (tratto da FIZZAS DE LUNA Antiche esperienze di cura delle contadine di Sardegna Ed. Zènìa 2012)

giovedì 2 gennaio 2014

L'uso delle piante nella tradizione popolare sarda "a Nadale“

Usi e costumi del mondo agro-pastorale erano legati al ciclo calendariale da cui poi scaturivano i riti popolari. Lo scorrere del tempo e l’avvicendarsi delle stagioni, quando il pastore e il contadino erano legati alla terra da un patto di sopravvivenza, scandiva lo scorrere dei mesi, ognuno chiamato in modo distintivo e ognuno di questi talvolta temuto talvolta atteso. Intanto l’anno nuovo in passato iniziava in settembre, Capudanni, e cioè quando i campi avevano dato i loro frutti e si era in procinto di affrontare i lavori della successiva annata. Quindi la percezione del tempo e delle stagioni una volta era molto diversa da quella odierna e il contadino e il pastore in modo particolare deteneva un sapere collettivo, tramandato per generazioni un complesso di competenze scientifiche sulla botanica, pedologia, meteorologia, fisiologia umana e animale, veterinaria nonché un particolare allenamento del corpo e della mente a far campare e produrre il proprio gregge in ambienti talvolta molto ostili oltre a una grande capacità di previsione e di programmazione. La consuetudine dell’uso delle piante a scopi rituali (purificazione) è antica quanto l’uomo e nel passato le stagioni venivano scandite da periodi di celebrazioni tipiche del culto agrario e del mondo agro-pastorale. La memoria riporta a oggi che tali periodi sono stati ripresi nelle quattro Tempora pervenute a noi negli scritti di San Filastrio, vescovo di Brescia (387 d. C.). Si trattava di quattro distinti periodi destinati a invocare e ringraziare la provvidenza divina per i frutti della terra e per il lavoro dell'uomo, da qui si ricordano diverse feste paesane legate al culto agrario: Pare che tutti gli antichi riti agrari di protezione (propiziatori) prevedevano l’uso di maschere e rappresentazioni che in tempi più recenti vennero spostate al periodo del carnevale pur appartenendo alle celebrazioni dell’anno agrario che culminavano a settembre (apudanni/capidanni ). La tradizione delle «Quattro Tempora», originariamente legata alla santificazione del tempo nelle quattro stagioni, rappresentano una tradizione antica per celebrare le stagioni e il ciclo della natura, per mezzo di riti di protezione e purificazione finalizzati alla consacrazione delle stagioni al bene. In questo tempo si praticava un “digiuno depurativo” durante il quale si assumevano piante spontanee a uso alimentare che aiutavano a depurare il corpo e lo spirito, tutte officinali. Quattro serie di tre giorni: mercoledì, venerdì e sabato di una stessa settimana. In inverno chiamato Luciae, il rito era considerato necessario per preparare la terra ad accogliere la vita, purificando spirito e corpo. Quest’anno (2013) ricorrono il 18,20,21 Dicembre mentre nel 2014 ricorreranno il 17, 18, 20 Dicembre. Il solstizio d’inverno era un punto limite nel ciclo calendariale, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno 21 dicembre. La natura è sospesa, nell'attesa di una trasformazione, e il tempo è quasi immobile. Era, allora come oggi, uno dei momenti di passaggio dell'anno tra i più temuti: l'oscuritá cede il passo alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sull’inverno. Pasca e Nadale che in lingua Sarda significa passaggio e nascita affonda le sue radici proprio in queste osservazioni, in riferimento di un passaggio dal vecchio al nuovo, dalla morte alla vita e il popolo Sardo dedicò a questi eventi offerte e riti. I nomi nel calendario popolare sardo più diffusi per Dicembre sono:Mes”e Idas (richiama la denominazione latina delle Idi) e Nadali, Nadabi, Nadale (la festa del Natale e deriva dalle dies natalis latine). In Campidano è presenta anche la forma Mes”e Paschixedda e Paschixedda. Il Natale è un momento particolare e meraviglioso tutt’oggi in Sardegna, si respira un’aria che nonostante il freddo rimane carica di profumi della terra aromi e spezie trovano impiego nella preparazione dei piatti tipici della festa e dei riti che coinvolgono intere comunità. Molte tradizioni e riti di Nadale sono andate perse, oggi più che mai sentiamo la necessità di riscoprire sensorialmente questi profumi e aromi d’un tempo. Non è facile indagare questo aspetto dell’Etnobotanica sarda, tuttavia siamo riuscite a individuarne diverse, ecco che Alloro, Corbezzolo, Ginepro, Pungitopo, Mirto, Rosmarino, Frutta (Castagne, Melograno, Melo e Pero Cotogno, Arancio, Limone, Mandarino e Pompìa), Frutta secca (Fichi, Noci, Nocciole e Mandorle)…. Assumono importanza, simbolica, rituale, terapica e alimentare…. (COPYRIGHT SU FRORE DE SU PASTORE)