...Vuole essere un mezzo per riportare alla luce conoscenze ed esperienze frutto di secoli e secoli di sperimentazione da parte del popolo sardo nell'ambito dei metodi di cura e della medicina popolare antica
giovedì 26 luglio 2012
domenica 15 luglio 2012
Antiche consuetudini: Andar per cicorie....(Andare a ziccoriare)!
In tutta la Sardegna sin da piccoli abbiamo memoria della pratica comune l’uso delle essenze spontanee a scopo alimentare, tutti noi conosciamo e impariamo a riconoscere le piante commestibili anche se qualche caso del passato ci ricorda che per alcune di esse un piccolo errore di valutazione nel riconoscerle può costare alcune volte persino la vita! Tra queste ricordiamo le cicorie, i cardi, gli asparagi, il crescione, il sedano d’acqua, il ramolaccio selvatico, che davano vita a specifiche pietanze ed erano comunque ingredienti delle zuppe/minestre selvatiche (lampazzu, erbuzzu…).
Questa antica consuetudine nel passato, e in maniera residuale oggi, era necessaria per il reperimento di erbe amare ben precise tutte della famiglia delle Compositae (Asteraceae) alle quali erano attribuite proprietà purificanti: un vero e proprio “alimento medicinale” con lo scopo di depurare l’organismo e lo spirito nei periodi in cui si svolgevano i rituali di purificazione (Temporas).
Nel periodo che va da marzo ad aprile una delle tante attività tradizionali delle donne sarde è a oggi andare a raccogliere cicorie, di solito membri della stessa famiglia, comari, vicine di casa, insomma si trattava anch'esso di una sorta di rito durante il quale si discuteva di questioni di una certa rilevanza, e lo stesso atto di “andar per cicorie” veniva considerato alla stessa stregua dei lavori nei campi, qindi di una importanza vitale. Da sfatare che le piante spontanee venissero utilizzate a scopo alimentare solo nei perodi di carestia!
Ma quante specie di cicoria abbiamo? Quali di queste sono commestibili e lo sono sempre?
(Diritti riservati FIZZAS DE LUNA. Antiche esperienza di cura delle contadine di Sardegna Zènìa Editrice di Mario Murru).
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